Photolux Festival 2022: You can call it love

Autore: Baerbel Reinhard Pubblicato il:

Photolux Festival 2022
You can call it Love
21.05.2022 – 12.06-2022

Il greco antico utilizzava diversi termini per definire le possibili declinazioni dell’amore: Eros, il desiderio passionale; Philia, l’amore tra amici; Storge, l’affetto verso i propri familiari; Anteros, l’amore corrisposto; Himeros, il desiderio fisico; Pothos, la tensione verso ciò che desideriamo;  Thélema, il piacere per ciò che si fa; e Agape, l’amore incondizionato e universale.

La maggior parte delle lingue moderne non è così precisa e spesso, come annotava Italo Calvino nelle sue Lezioni Americane, oggi si “tende a livellare l’espressione sulle formule più generiche, anonime, distratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze”. Il lessico a nostra disposizione sembra, per pudore o per inadeguatezza, non riuscire a delineare nella sua completezza il caleidoscopio di sentimenti che la vita ci offre ogni giorno, comprimendo così le molteplici sfumature di quello che, per comodità, siamo abituati a chiamare Amore. Ma se con le parole è facile ingarbugliarsi e perdersi nell’elaborazione di concetti astratti, la fotografia può invece aiutarci a ricostruire il sottotesto della narrazione convenzionale e domestica dell’amore. Prima di tutto, perché il medium fotografico non si esprime attraverso termini dai confini netti, ma lo fa attraverso suggestioni visive che risuonano in noi a seconda delle nostro vissuto personale; in secondo luogo perché attraverso la grammatica delle immagini è possibile costruire narrative sottili, che sfuggono alle definizioni, svelando livelli di lettura e di interpretazioni inediti. In definitiva, la fotografia restituisce una rappresentazione stratificata e poliforme dell’Amore, ed è proprio nella molteplicità del linguaggio fotografico che si riversano le infinite possibilità del “discorso amoroso” di cui parlava Roland Barthes: un discorso frammentario, perché complesso, ma necessario e, nella sua inafferrabilità, onnipresente nella vita di ognuno di noi.

Dai ritratti di famiglia che restituiscono un’immagine della società in cui sono contestualizzati, fino alle storie d’amore che hanno caratterizzato ogni epoca – rivelandone talvolta anche le sue contraddizioni—, l’amore ha accompagnato la fotografia nel rapido e tumultuoso processo di sviluppo che la contraddistingue. E mentre la fotografia cambiava, anche il nostro modo di raccontare e vivere l’Amore è cambiato: infatti, il linguaggio visivo è diventato, sempre di più, uno dei modi attraverso cui impariamo a comunicare e ad instaurare relazioni con gli altri e con noi stessi. Nella vita di tutti i giorni, la fotografia insegna a volersi bene, a perdersi, a dimenticarsi; in poche parole, ci guida nell’esprimere i nostri sentimenti senza pretendere di definirne i contorni e dargli un nome.Dai ritratti di famiglia che restituiscono un’immagine della società in cui sono contestualizzati, fino alle storie d’amore che hanno caratterizzato ogni epoca – rivelandone talvolta anche le sue contraddizioni—, l’amore ha accompagnato la fotografia nel rapido e tumultuoso processo di sviluppo che la contraddistingue. E mentre la fotografia cambiava, anche il nostro modo di raccontare e vivere l’Amore è cambiato: infatti, il linguaggio visivo è diventato, sempre di più, uno dei modi attraverso cui impariamo a comunicare e ad instaurare relazioni con gli altri e con noi stessi. Nella vita di tutti i giorni, la fotografia insegna a volersi bene, a perdersi, a dimenticarsi; in poche parole, ci guida nell’esprimere i nostri sentimenti senza pretendere di definirne i contorni e dargli un nome.

La selezione degli autori dell’edizione 2022 del Photolux Festival presenta la molteplicità dei possibili approcci – alcuni nuovi e contemporanei, altri più classici e tradizionali – al tema dell’amore, che si traducono in storie e incontri unici e diversi, dove tutti possiamo ritrovare un po’ di noi stessi.
Con la proposta espositiva di “You can call it Love” abbiamo pensato alla fotografia non più come uno specchio o come una finestra – citando la storica distinzione di Szarkowski -, ma come una macchina a raggi X, capace di vedere attraverso di noi e di dare voce ad alcuni sensazioni, desideri, emozioni che nemmeno sappiamo di avere.