Dentro la fabbrica delle immagini
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Rudolf Holtappel
Dici “fotografia di paesaggio” e più o meno sai di cosa parli. Dici fotografia industriale e non lo sai più. Era industriale, un tempo, la fotografia commissionata dalle grandi industrie per auto celebrazione e pubblicità. E’ stata poi fotografia industriale quella di grandi autori e del loro sguardo critico sul mito della fabbrica, e sulla sua erosione nell’era post industriale. Ma è industriale, oggi, la fotografia stessa come medium, è un’industria che produce beni materiali (macchine, fotofonini), e immateriali (la nostra cultura visuale). Merito del Mast di Bologna, l’unico museo dedicato specificamente alla fotografia industriale, e del suo curatore, Urs Stahel, aver scelto la definizione più generale di un genere fotografico che attraversa tutti gli altri generi: la pubblicità, il reportage, la moda, il ritratto, eccetera, e di aver allargato l’orizzonte alla fotografia del lavoro come rapporto eterno fra l’uomo e il mondo. Tutto questo sta negli archivi della fondazione bolognese che in questi giorni e fino al 3 settembre riapre i suoi caveau e vi pesca cento immagini di sessanta autori, dagli anni Venti a oggi, che raccontano con il titolo “La forza delle immagini”, la parabola incrociata della civiltà industriale e degli sguardi che l’hanno nel tempo ammirata, osservata, analizzata, criticata. Dal fascino per l’era del metallo (Germaine Krull, Margaret Bourke-White, Edward Steichen) al paesaggio umano e materiale della civiltà industriale (Richard Avedon, Marion Post Wolcott, Berenice Abbott) al disincanto e agli interrogativi epocali (Jim Goldberg, Thomas Demand, Shomei Tomatsu). Nella foto in alto, Rudolf Holtappel, stabilimento metallurgico Thyssen, a Duisburg, Germania, 1968.
[Michele Smargiassi da la Repubblica]