Quattro fotografe/i e docenti della Fondazione Studio Marangoni – Martino Marangoni, Bärbel Reinhard, Daniela Tartaglia e Giuseppe Toscano – hanno accompagnato il processo di trasformazione dell’edificio residenziale eretto alle soglie del XX secolo in un moderno centro di ricerca. Per alcuni anni hanno fissato gli stati di avanzamento dei lavori, dalle opere strutturali nel 2021 al completamento nel 2023 fino al successivo trasloco nella primavera del 2024. Da allora, la Fototeca, alcune sezioni della Biblioteca (tra cui la sezione “Fotografia”), il gruppo di ricerca Lise Meitner “Coded Objects” e il gruppo di ricerca “Ethico-Aesthetics of the Visual” hanno la loro nuova sede in Via Modena 13.

La mostra online presenta una selezione di queste fotografie, che restituiscono quattro differenti modi di guardare all’edificio in trasformazione. La grande varietà di immagini documenta le diverse fasi della ristrutturazione, ma soprattutto rappresenta un momento di riflessione artistica attorno al cantiere. Per le fotografe e i fotografi il cantiere è diventato una sorta di cassa di risonanza di cui hanno esplorato e catturato le vibrazioni con le loro macchine fotografiche. Il progetto è frutto di una collaborazione tra l’Istituto e la Fondazione Studio Marangoni.

Costanza Caraffa

https://photothek.khi.fi.it

Nell’ambito delle collaborazioni internazionali a cui partecipa lo Studio Marangoni, l’esperienza con la scuola di Berlino Lette-Verein vede coinvolto il corso di Mastering Photography. Il programma fa parte di un progetto ERASMUS+ di tre settimane tra Berlino e Firenze. In questo periodo gli studenti partecipano a dei laboratori intensivi con i docenti di entrambe le scuole, una importante opportunità per fare esperienze internazionali e per costruire una più ampia rete di contatti per il futuro.

Quest’anno i laboratori proposti erano i seguenti:

  • You have to smell the street
    Teacher: Martino Marangoni
    Focus: Street Photography
  • Encounters. Seeing others, engaging with others.
    Teachers: Katharina Hausel, Sara-Lena Maierhofer
    Focus: Portrait, Street Photography
  • Come pensare per Imagini / How to think through images
    Teacher: Max Schwarzmann
    Focus: Conceptual practice
  • Eternal new
    Teacher: Lucia Minunno, Bärbel Reinhard, Giuseppe Toscano
    Focus:
  • Video Project
    Teacher: Ina Schoof
    Focus: Video, Fashion
  • Reflections on Migration
    Teachers: Katharina Hausel, Sara-Lena Maierhofer
    Focus: Portrait, Documentary, Found Footage

Alcuni scatti sono prestati da @ginofunari per @lettephotograph Lette Verein Berlin .

"Lette - Verein 24"

Le studentesse e gli studenti di Studio Marangoni ripropongono al Festiva di Cortona On The Move 2024 “Fotocoppie” il celebre progetto del fotografo Maurzio Berlincioni da cui deriva l’omonimo libro. Sul divano a forma di bocca disegnato da Dalì, nel 1982, Berlincioni mise a sedere alcune coppie provenienti perlopiù dalla scena artistica fiorentina, in una posa studiata e completamenti nudi. Durante il festival sono state realizzati centinaia di ritratti a Palazzo Baldelli, in un set allestito con il leggendario divano.

“Archivio in Dialogo”, progetto ideato da Fondazione Studio Marangoni insieme a Massimo Vitali, ha messo 9 fotografe e fotografi a confronto con l’archivio dell’artista a Lucca, che comprende oltre 5000 negativi, attualmente in fase di digitalizzazione.

I partecipanti, prendendo ispirazione dal lavoro dell’artista, sono stati chiamati a sviluppare delle immagini proprie che potranno entrare in un dialogo visivo con le opere di Vitali e il suo archivio.
I lavori sono stati presentati durante un evento pubblico alla presenza dell’autore che li ha ispirati.

Progetti fotografici di:
Ester Bartolini, Leonardo Bocci, Gabriele Fossi, Bianca Giorgetti, Giulia Gorla, Aurora Montecucco, Christian Pardini, Anna Ratajczyk, Donato Sambuco, Elena Woite.

Presentazione giovedi 6 giugno ore 18 @fsmgallery, via
S. Zanobi 19r – Firenze

Anna Ratajczyk

Il mare non mi è mai piaciuto, l’ho visto per la prima volta solo a 7 anni, ed era come mangiare la prima ciliegia. Era come inspirare l’immenso. Mi ricordo la linea che mozzava con decisione l’orizzonte. Volsi ostentatamente le spalle al mare e mi allontanai. Non amavo lidi affollati., starsene tutto il giorno in spiaggia mi metteva ansia. Non amavo il mare.

Dopo anni quel mare mi ha raggiunto nelle foto di Massimo Vitali.

“L’acqua è un elemento presente nel 90% delle mie fotografie” dice in una intervista. L’acqua diventa un leitmotiv di quasi tutte le opere del fotografo. La cerca ovunque. Assieme alla presenza umana testimonia il cambiamento, il passaggio epocale. C’è tutto nelle sue fotografie: il passare del tempo, colori, tessuti, le trame del passato. Tutto immerso, legato dalla sostanza più preziosa – l’acqua. Silenziosa portatrice delle molteplici storie. La mia ricerca visiva si concentra su quello che è stato; sul ricordo, e trame del passato. I luoghi, i paesaggi dove l’istante rimane fermo non solo in una fotografia. I luoghi, cullati dal vento che continuano a sognare il mare.

Aurora Montecucco

Dopo aver guardato a fondo l’archivio di Massimo Vitali, i miei occhi si sono fermati su un’immagine in particolare, scattata nel 1998 a Casoli di Camaiore, un borgo che si trova su un colle, abbracciato dalle Alpi Apuane, nella provincia di Lucca.

Una delle poche immagini scattate in una realtà di paese, con la quale ho subito empatizzato, provenendo da una realtà simile. Ho voluto quindi dialogare con questa fotografia, in cui Massimo Vitali ha raccontato quel borgo attraverso le persone che lo abitavano, in cui tutti gli abitanti sono presenti ed in posa. Io invece ho voluto mostrare il luogo, quello che rimane nascosto in questo territorio che non conoscevo. Ho scoperto un paese di contrasti, che sa essere quieto, immobile e dall’anima antica, al contempo estremamente selvaggio, rustico, anima scapestrata.

Bianca Giorgetti

Osservando le fotografie di Vitali inizialmente l’occhio si perde, ma via via si sofferma sui singoli dettagli, sui vari soggetti, che a uno ad uno diventano come tante fotografie. Ci si può divertire a creare relazioni e storie tra le persone, a osservare i piccoli gesti e le abitudini di questi soggetti, tutti sempre diversi e a noi sconosciuti. Mi sono voluta soffermare su questo aspetto, sulla “costellazione” di situazioni che si ritrovano nella folla. In un collage mi sono ispirata all’ambiente tipico delle foto di Vitali e ho cercato di ricreare una delle sue famose spiagge. In questo collage varie parti, vari frammenti molto diversi tra loro costituiscono un’unica fotografia: divento una creatrice di storie unendo in un solo insieme persone provenienti da ritagli (e quindi ambienti, epoche, luci) differenti che tutto a un tratto si trovano tutti raggruppati sullo stesso piano. 

Christian Pardini

II 15 agosto del 1994 Massimo Vitali ha scattato la prima fotografia della serie sulle spiagge che avrebbe contraddistinto il suo lavoro per i successivi trent’anni. Quella immagine è stata scattata a Marina di Pietrasanta; dell’intero archivio di Vitali non era solo la prima immagine ma anche la più vicina a casa mia. Ho percorso il tragitto che mi separava da quella spiaggia con l’idea che il modo migliore per creare un dialogo con quella immagine fosse incontrarla. Di quei quattro chilometri ho fotografato il paesaggio: l’architettura e l’arredo urbano, la realtà pubblica e privata; gli spazi di risulta, il verde progettato, quello spontaneo e gli spazi vuoti. Non le persone. Soggetti invece al centro della ricerca di Vitali. Il dialogo come incontro, in questo progetto, propone una contestualizzazione della spiaggia di Marina di Pietrasanta: l’intorno e la porzione di spazio non visibile nella fotografia del 1994.

Donato Sambuco

Ho vissuto a Rosignano dal 1985 al 2008, dai 3 ai 26 anni. Vivevo ancora lì quando Massimo Vitali, di cui al tempo non sapevo niente, è venuto a fotografare le Spiagge Bianche.
C’è una vaga possibilità che io mi trovi dentro una di quelle fotografie.
Riflettendo sulla natura di queste foto ne ho colto l’aspetto di casualità. Vitali piazza la sua torretta, punta l’obiettivo, sceglie un’inquadratura e scatta. Al di fuori di queste scelte, non ha controllo su niente di quel che accade nella foto. Un attimo casuale moltiplicato per cento, per mille; uno per ognuna delle persone presenti nelle sue fotografie.
L’idea allora è stata quella di riproporre queste immagini dall’interno, destrutturare la visione d’insieme in tanti piccoli frammenti, tanti attimi a caso, colti passeggiando tra i bagnanti scattando d’istinto in una calda giornata di sole, i primi giorni di maggio del 2024.
Non mi interessa l’identità delle persone, ma i piccoli gesti, gli atteggiamenti, i colori dei costumi, degli accessori da spiaggia accesi dalla luce che si riflette sulla sabbia bianca.
Per me che ci ho vissuto, non c’è modo più naturale che raccontare questa realtà dall’interno.

Elena Woite

Ester Bartolini

Dopo le foto illustrate e i racconti raccontati da Massimo Vitali mi sono soffermata su due fotografie.

La prima è la messa in scena per Vogue, dove permangono la prospettiva dall’alto, il mare e le persone e una foto della spiaggia di Rosignano con poche persone sparse e rarefatte. Ho voluto unire le due diverse narrazioni costruendo una scena dentro ad una pioppeta utilizzando il punto di vista di Vitali, ma attraverso i miei occhi. Come nelle sue fotografie diventano centrali lo spazio, le persone e il rapporto che si crea tra di essi.

Gabriele Fossi

Di fronte al lavoro di Massimo Vitali non ho potuto fare a meno di interrogarmi sul rapporto fra figura umana e paesaggio, fra spazi pieni e vuoti.
Massimo ci ha raccontato che il suo principale interesse è quello di osservare e studiare le persone ed i loro comportamenti, attende il momento giusto e scatta soltanto quando i gesti o le posizioni di alcune delle figure sono quelle giuste.
La grandezza delle sue stampe e i paesaggi mozzafiato che spesso fanno da sfondo alle sue folle però mi hanno sempre fatto pensare che quelli sfondi fosse protagonisti tanto quanto le persone.
Chi è quindi il soggetto delle fotografia di Vitali? Quanto peso hanno le figure umane e quanto invece può vivere da solo il loro sfondo?
Per rispondere a queste domande ho deciso di intervenire su alcune delle sue fotografie, dalle più popolate alle più vuote, tagliando le sagome dei soggetti umani e portandole su un nuovo piano.
Con lo stesso tilt con cui Massimo mette tutti i soggetti a fuoco io li ho sollevati donando così alle immagini una nuova dimensione.
In queste si apprezzano in maniera distinta sia le forme che le folle acquistano nelle composizioni di Massimo sia quanto i paesaggi a far loro da sfondo siano altrettanto importanti.

Giulia Gorla

Il progetto presentato è nato in seguito all’incontro che ho avuto con Massimo Vitali dal quale è emersa la sua esigenza di parlare di quello che è il problema del deterioramento delle fotografie con il passare degli anni e della perdita del valore “monetario” che un’immagine ha se stampata e poi non valorizzata come tale. Da queste riflessioni è nata la mia idea di utilizzare le stesse immagini presenti nell’archivio di Vitali ma di farne una copia analogica con la tecnica della cianotipia, scelta appositamente per catturare il colore, il ciano, che difficilmente tende a scomparire anche quando le fotografie si deteriorano nel corso degli anni.  La scelta di realizzare le cartoline e quindi la successiva selezione dei soggetti copiati è stata invece incentrata sul ricordo che le immagini di Vitali mi hanno riportato, con scene e scorci molto simili, delle cartoline che da bambina inviavo ai miei nonni dai luoghi di vacanza. Dalle vecchie cartoline degli anni ’90 ho tratto ispirazione per la grafica che ho poi realizzato sul retro delle immagini stampate manualmente.

Leonardo Bocci

Per Massimo Vitali il soggetto principale dei suoi ampi paesaggi è l’essere umano. L’uso esclusivo del grande formato, il tipico punto di vista rialzato e le imponenti stampe ci
permettono di osservare i comportamenti spontanei delle persone, specialmente negli ambienti balneari. In ogni scatto si raggruppano decine di realtà, tanti momenti che accadono nello stesso istante dove possiamo calarci e curiosare in modo vouyeristico tra le persone sigillate sul negativo. In uno dei video sui suoi canali social Massimo afferma: “The Devil is in the details”.

Ispirato da queste sue parole mi sono domandato come possiamo apparire agli occhi dell’ IA. Ho cercato e selezionato delle porzioni di umanità per poi ampliarle grazie all’ espansione generativa, senza inserire richieste tramite il prompt. Da qui anche l’algoritmo inizia ad osservare, creando una nuova realtà: moltitudini di fantocci deformi e strati ridondanti di edifici riempiono il nuovo spazio dando una chiara risposta alla mia domanda e sollevando riflessioni sul futuro tema della sovrappopolazione nel
nostro mondo. Il diavolo è nei dettagli, i dettagli sono le persone.

“Note di lavoro. Un’indagine sul rapporto tra lavoro e territorio” è il titolo di un percorso di tutoraggio guidato dal fotografo Michele Borzoni e di un progetto espositivo, realizzato grazie al contributo di Regione Toscana, Giovani Sì e Toscana in Contemporanea 2022. Il progetto ha coinvolto – attraverso una open call – otto giovani fotografi emergenti ed esplora il complesso intreccio tra attività umane e territorio, riflettendo su trasformazioni, contrasti e memorie legate al mondo del lavoro.

Le tematiche affrontate spaziano dallo sfruttamento delle risorse naturali toscane, come quelle delle Alpi Apuane o del Chianti, allo spopolamento della Valle del Diavolo, dal ruolo delle infrastrutture autostradali come “non luoghi” al mito dei butteri maremmani. Inoltre  indagato il riciclo virtuoso degli scarti tessili nel distretto pratese e l’esperienza degli orafi bengalesi nel territorio aretino, che fondono tradizione locale e identità culturale d’origine.

I progetti esposti, nati dall’esplorazione personale dei partecipanti, propongono una visione poliedrica del rapporto tra lavoro e territorio. Ciascun autore ha interpretato il tema attraverso il proprio linguaggio visivo, dando vita a una narrazione che mette in dialogo passato e presente, tradizione e innovazione, denuncia e speranza. La mostra, ospitata dalla Fondazione Studio Marangoni, rappresenta un’occasione di confronto con un pubblico specializzato e una tappa significativa nella formazione dei giovani fotografi coinvolti.

"Selezione dei progetti"

Francesco Andreoli, Leonardo Bocci, Matteo Capone, Luca Gasparro, Stéphane Giraudeau, Martina Morini, Francesca Spedalieri, Christian Velcich

 

Nell’ambito della programmazione espositiva del 2021, l’Istituto degli Innocenti ha promosso un progetto fotografico inedito incentrato sul complesso rapporto tra giovani e nuove tecnologie. La collaborazione con la Fondazione Studio Marangoni di Firenze ha dato vita a un workshop internazionale dedicato a giovani fotografi, culminando in una mostra collettiva dal titolo disConnessi. Adolescenti e nuove tecnologie. L’esposizione, inaugurata nella primavera 2021 al Museo degli Innocenti, ha unito le opere dei partecipanti al workshop con quelle del fotografo olandese Raimond Wouda, offrendo una pluralità di prospettive su un tema di pressante attualità.

"FOR YOU"

Raimond Wouda

"(...)"

Michelle Davis

"#InstaMemories"

Sara Esposito

"_bacco_._4real"

Giacomo Infantino

"Alien life form"

Alisa Martynova

"Locked girls"

Anita Scianò

La seconda fase del progetto Rivedute Fiorentine, intitolata Prospettive Trasversali, si è concentrata sul tema della trasformazione urbana e sul rapporto tra il centro storico di Firenze e la città metropolitana in espansione. Questo dialogo visivo ha coinvolto fotografi di fama internazionale come Giovanni Hanninen e Raimond Wouda, i loro studenti e quelli della Fondazione Studio Marangoni (FSM). Il progetto ha esplorato la complessità del territorio fiorentino, ponendo l’accento su come le nuove infrastrutture – in particolare i cantieri delle linee tranviarie – stiano ridefinendo il paesaggio e la sua relazione con la comunità.

La trasformazione urbana è stata raccontata attraverso immagini che uniscono prospettive ampie e dettagli specifici, creando un reticolato visivo che mette in relazione passato e futuro. I fotografi hanno scelto di rappresentare Firenze non solo come patrimonio statico dell’umanità, ma come spazio vivo in continua evoluzione, cercando di comprendere come le infrastrutture possano diventare nuove forme di integrazione sociale e culturale.

"Selezione dei progetti di Prospettive trasversali"

Nel cuore del quartiere di San Lorenzo, la Fondazione Studio Marangoni, in collaborazione con le associazioni locali, ha dato vita a St’O aperta (Sant’Orsola aperta), un progetto che ha animato uno dei luoghi più emblematici e dimenticati di Firenze. Durante tre giornate, incontri, installazioni, esposizioni, reading e musica hanno trasformato Sant’Orsola e il quartiere in un laboratorio di visioni e memorie collettive, incentrato sulla riflessione sul futuro della città.

L’iniziativa, realizzata nell’ambito dell’Estate Fiorentina, è stata concepita come un “oratorio laico”, capace di narrare simbolicamente il rapporto tra la città e il rione. La manifestazione ha preso il via dal sagrato della Basilica di San Lorenzo, dove 11.000 garofani, ispirati alla leggenda di Sant’Orsola e allo spettacolo Nelken di Pina Bausch, sono stati distribuiti ai cittadini. Questi ultimi, in cambio, hanno offerto immagini e ricordi legati al quartiere. Il percorso si è snodato attraverso tappe significative, come Palazzo Medici Riccardi, le Cappelle Medicee, il Mercato Centrale e storici esercizi commerciali, dando vita a narrazioni collettive ispirate a testi di Pratolini, Palazzeschi, Dante e altri autori.
Il viaggio si è concluso nel cortile di Sant’Orsola, dove i garofani sono stati disposti a creare un tappeto poetico. Qui, un’installazione fotografica ha trasformato lo spazio in un oratorio aperto, invitando il pubblico a immaginare nuovi usi per questo luogo dimenticato. Le immagini realizzate dagli studenti della Fondazione Studio Marangoni hanno interpretato l’ossatura interna del complesso, esposta sia sulle mura esterne che all’interno, costruendo un dialogo visivo tra il “guscio” di Sant’Orsola e le sue anime.

Durante l’evento, artisti, poeti, fotografi e musicisti hanno collaborato per restituire un’immagine corale del quartiere, intrecciando storie e prospettive. I visitatori hanno così potuto riscoprire Sant’Orsola come uno spazio in divenire, simbolo della necessità di riappropriarsi di luoghi storici per sottrarli all’abbandono e alla pressione del turismo di massa.

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